La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10056 pubblicata oggi, 14 aprile 2023, torna a ribadire un principio che va tenuto presente nelle trattative dirette ai rinnovi dei contratti collettivi: se un comportamento è inserito tra le infrazioni che il contratto collettivo punisce con il licenziamento per giusta causa, la previsione non vincola il Giudice, il quale resta libero di valutare se, nonostante la “scala valoriale formulata dalle parti sociali”, quel comportamento sia sussumibile o no nell’art. 2119 Cod. Civ.. Viceversa, se un fatto che integrerebbe la giusta causa secondo la legge è punito dal contratto collettivo con una sanzione conservativa, la previsione è vincolante per il Giudice e, anzi, costituisce un vero e proprio “limite” alla sua “autonoma valutazione di maggiore gravità”. Pertanto, le previsioni dei contratti collettivi, anche nella materia disciplinare, possono operare soltanto a favore del lavoratore: sono irrilevanti le clausole che prevedano una sanzione più grave di quella applicabile per legge, mentre sono vincolanti le clausole che prevedano una sanzione meno grave, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro anche del dipendente che abbia commesso fatti oggettivamente intollerabili. Il principio di diritto, che attiene alla fase della sussunzione successiva all’accertamento del fatto materiale, rende evidente la rilevanza sia della formulazione delle sezioni disciplinari dei contratti collettivi, sia della loro successiva interpretazione
La tipizzazione contrattuale collettiva della giusta causa
- Articolo pubblicato:Marzo 28, 2023