Part time e turni di lavoro

I contratti di lavoro part time hanno sempre posto il problema della esatta collocazione temporale della prestazione lavorativa. Ovvie esigenze di tutela del lavoratore (che può svolgere altra attività di lavoro oppure può aver scelto di avere più tempo libero a disposizione) hanno ispirato la disciplina di legge che richiede la previsione contrattuale della esatta collocazione dell’orario di lavoro. La situazione si complica quando il datore di lavoro intenda inserire i lavoratori part time in turni di lavoro dei quali, per motivi organizzativi, non sia possibile dare esatta indicazione già nel contratto.
La tecnica è quella di indicare nel contratto che il dipendente sarà inserito in turni di lavoro e fare contestuale rinvio alla successiva programmazione aziendale dei turni. Tale tecnica è stata ritenuta illegittima dalla Suprema Corte con due distinte ordinanze del 15 maggio 2024. L’ordinanza n. 13495 accoglie il ricorso dei lavoratori e dispone il rinvio della causa dettando il seguente principio di diritto: “il contratto di lavoro a tempo parziale, anche verticale, deve contenere la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Ove sia prevista la possibilità di lavoro secondo turni, la specifica indicazione delle modalità della prestazione secondo turni, attraverso coordinate temporali predeterminate od oggettivamente predeterminabili, deve risultare dal contratto medesimo e non può essere rimessa ad una successiva programmazione, sia pure annuale”. Sulla base delle stesse argomentazioni, poi, l’ordinanza n. 13475 rigetta il ricorso del datore di lavoro e conferma la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva sia determinato le modalità della turnazione, sia liquidato al lavoratore un risarcimento del danno pari al 5% della retribuzione mensile per tutto il periodo in cui il datore di lavoro lo aveva inserito in turni non predeterminati contrattualmente. Le due ordinanze hanno deciso fattispecie precedenti l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 81 del 2015, ma il relativo principio di diritto – anche perché non riferito ad una specifica norma – potrebbe condurre ad una interpretazione restrittiva della nuova disciplina. L’art. 5, terzo comma, del D. Lgs. n. 81 del 2015, con formulazione del tutto atecnica e ambigua, stabilisce che “quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”.